Lino Miano
- Chi è Lino Miano?
Un ragazzo socievole, disponibile e dalla battuta sempre pronta, che coltiva sin dall’adolescenza una smisurata passione per il giornalismo. A trasmettermela fu mio padre, i suoi insegnamenti sono stati fondamentali per la mia crescita e oggi lui è il mio primo lettore. E’ un mestiere che amo alla follia e che svolgo sempre con meticolosità e dedizione. Sono corrispondente da Barcellona Pozzo di Gotto della Gazzetta del Sud e mi occupo di sport, cultura e spettacoli. In questo lavoro è assai importante variare il linguaggio e arricchire il proprio lessico. Per questo leggo molto e mi aggiorno costantemente.
- Quali sono i tuoi ricordi dei tuoi primi 10 anni e quali sono stati i tuoi giochi?
Ho avuto un’infanzia splendida. Con mia sorella Mariella e i miei cugini Sebastiano e Emanuele componevamo un formidabile quartetto. Come non ricordare quegli anni!!! Giocavamo in tutti i modi possibili, cantavamo, suonavamo “prendendo in prestito” le pentole dei nonni e infine, quando eravamo un po’ più grandicelli, tra gli 11 e i 13 anni, organizzavamo persino degli spettacoli. In questo singolare percorso coinvolgevamo anche gli altri ragazzi, sia del nostro palazzo che del quartiere. Provavamo per giorni e giorni, ogni cosa doveva riuscire alla perfezione, poi quando tutto era pronto partivano gli inviti per gli abitanti del condominio che assistevano compiaciuti alle nostre serate. Negli anni Novanta, fortunatamente, non esisteva ancora la tecnologia di oggi. Si aveva più tempo per stare insieme, ridere, giocare e scherzare. Di giochi ne avevo tanti. Ricordo che andavo matto in particolar modo per la pista Polistil delle macchinine Formula Grand Prix, le Tartarughe Ninja, le Micro Machines, la macchina e la vespa a batteria.
- Cosa faresti per un mondo migliore?
Mi piace essere d’aiuto per le persone e renderle felici. Ho sempre agito avendo questa mentalità, sia in famiglia che fuori. Credo che la gentilezza sia una delle armi più potenti per poter sperare di avere un giorno un mondo migliore.
- Quali sono i tuoi hobby e le tue grandi passioni?
Mi piace uscire con gli amici, andare a ballare, giocare a calcetto, correre sul lungomare di Ponente che a mio avviso è uno dei posti più incantevoli dove potersi allenare. E poi anche ammirare i tramonti, le passeggiate serali in totale relax, viaggiare, quando ne ho la possibilità, per scoprire posti nuovi e in Sicilia ne abbiamo molti. Nel tempo libero mi diletto anche a cantare brani italiani, inglesi e spagnoli. Qualche estate fa ad esempio andai a Ragusa in vacanza, guidavo io e per gran parte del viaggio intrattenni i miei amici che erano con me in macchina cantando loro diverse canzoni.
- Che cos’è per te l’amicizia e la famiglia?
Le ritengo due componenti fondamentali. Gli amici meglio pochi ma buoni se sai di poter contare su di loro. Il mio è un gruppo molto unito e affiatato. Famiglia invece vuol dire casa. Ho la fortuna di avere due genitori che non mi fanno mai mancare nulla e, da alcuni anni, anche due splendidi nipoti, Chiara e Francesco, che per me, visto il rapporto che abbiamo, sono come dei figli.
- Che rapporto hai con gli animali?
Diversi anni fa con mia sorella avevamo un cane di nome Laila. Ci siamo presi cura di lei fino a quando la vecchiaia non se l’è portata via.
- C’è qualcosa che hai fatto che ricordi spesso?
Un episodio in particolare, ma ne potrei elencare tanti. Ero, non ricordo se a Lipari o a Vulcano, con due miei amici. Sapendo che parlo bene lo spagnolo mi chiesero di fingermi turista. Accettai volentieri per farci quattro risate, così appena si presentò l’occasione domandai a un signore, ovviamente rigorosamente in spagnolo, dove si trovasse il miglior locale della zona. Mi guardò in modo strano dicendomi “figghiu beddu io a tia non ti capisciu”.
- Se non avessi fatto il giornalista cosa avresti fatto?
Probabilmente avrei tentato la carriera di insegnante di lingua inglese e spagnola. L’inglese ovviamente, come tutti, cominciai a impararlo alle elementari, lo spagnolo invece l’ho studiato in pochi mesi ai tempi dell’Università dovendo allora scegliere una seconda lingua straniera. Mi piacque così tanto che dopo aver superato l’esame continuai a studiarlo per migliorarmi. Ricordo che in quel periodo vivevo praticamente immerso in quel “nuevo idioma”. Ascoltavo le canzoni di artisti spagnoli, guardavo film e partite di calcio in lingua spagnola. La stessa cosa ovviamente ho fatto anche con l’inglese. Bisogna sempre tenersi allenati.
- Qual è il tuo motto?
“Carpe diem, quam minimum credula postero”, quindi “afferra il giorno confidando il meno possibile nel domani”. E’ stato sempre il mio personalissimo slogan sin dai tempi del Liceo.
10) Aggiungi qualcosa che non hai detto in questa intervista.
Mi piace concludere citando il Mahatma Gandhi: “Be the change you want to see in the world” ovvero “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Darsi da fare, passare all’azione è imprescindibile per la crescita di ciascuno di noi.